Uscire dall’euro e ritornare alla lira!
Uscire dall’Unione Europea (“Rompere la gabbia dell’Unione Europea” titolava il convegno tenuto a Roma il 22 marzo per iniziativa della Rete Noi Saremo Tutto ed è questa anche l’insegna del “Controsemestre popolare” che Ross@, USB, Confederazione Cobas, Rete28Aprile-CGIL, Rete dei Comunisti, Sinistra Anticapitalista, Militant-Rete Noi Saremo Tutto hanno promosso con l’incontro del 23 aprile a Roma) e ristabilire la piena sovranità nazionale!
Costituire il Governo di Blocco Popolare, il governo delle masse popolari organizzate!
Sono obiettivi e parole d’ordine che oggi persone e gruppi lanciano ai proletari, ai lavoratori autonomi e ai piccoli capitalisti che sono esclusi dall’orgia del capitale finanziario, agli studenti, ai disoccupati, ai pensionati e al resto delle masse popolari. Tutti le lanciano e propongono per farla finita con la situazione attuale, cambiare il corso delle cose, evitare la catastrofe in cui sprofondano anche il nostro paese, le masse popolari, i lavoratori e le loro famiglie.
Sono quindi nomi diversi della stessa cosa? Per alcuni versi sì, ma non è un caso che a volte vengono contrapposte: chi insiste sull’una e chi sull’altra, chi mette al centro l’una e chi l’altra come se una escludesse l’altra o come se una fosse decisiva per cambiare il corso delle cose e le altre no o come se una implicasse le altre mentre non avverrebbe il contrario.
Cerchiamo allora di individuare dove sta la diversità di vedute e di interessi che porta a privilegiare l’una o l’altra delle parole d’ordine e cosa le unisce. Vedremo che tra le prime due parole d’ordine e la terza vi è la differenza che passa tra le parole contorte e incerte dei “consigli al principe” (ai vertici della Repubblica Pontificia) correnti negli scritti degli esponenti della sinistra borghese (cioè di quelli che sono malcontenti del corso delle cose ma cercano una soluzione restando nell’orizzonte del capitalismo) e il programma d’azione dei comunisti abituati a dare risposte ponderate, precise e complete a ogni problema.
E’ un dato di fatto che i circa 15 anni passati dall’introduzione dell’euro a oggi siano coincisi con un peggioramento continuo delle condizione delle masse popolari del nostro paese, con la diminuzione in termini reali (quando non anche nominali) dei salari, dei redditi e dei diritti della massa della popolazione. Quando non sono diminuiti i salari, sono aumentate le imposte, le tasse, le tariffe, i contributi nuovi per usufruire dei vecchi servizi sanitari, scolastici e altri, le spese per sopperire ai servizi pubblici soppressi e per aiutare i familiari senza lavoro. Quanto ai diritti, per quel che riguarda i lavoratori dipendenti i congressi di base e dei sindacati di categoria della CGIL che si sono tenuti negli ultimi mesi (in preparazione del XVII congresso nazionale) hanno permesso di trattarne a lungo e in dettaglio.
La questione è: l’imposizione dell’euro è stata la causa di tutto questo o solo la forma e il pretesto? Sarebbero state diverse e sarebbero diverse le cose ritornando alla lira? In nome dell’Unione Europea le autorità della Repubblica Pontificia impongono alla massa della popolazione sacrifici crescenti, rinunce crescenti a quello che resta delle conquiste che le masse popolari avevano strappato ai padroni, al clero e al resto dei ricchi quando il movimento comunista era forte e all’attacco (la prima ondata della rivoluzione proletaria che ha “sconvolto” il mondo nella prima parte del secolo scorso su impulso della Rivoluzione d’Ottobre, dell’Unione Sovietica e della prima Internazionale Comunista). Impongono la rinuncia e perfino denigrano gli ideali e gli obiettivi che sono stati scritti nella Costituzione e mai attuati o addirittura apertamente calpestati. Tra gli altri anche la sovranità nazionale visto che l’Italia è disseminata di basi militari, di installazioni e agenzie USA e israeliane, che le sue istituzioni sono infiltrate di consiglieri e controllori americani, inglesi, sionisti, tedeschi, che il governo copre con il segreto politico e militare cause, autori e obiettivi di attività, crimini e avvenimenti di enorme importanza, che la Corte Pontificia esercita di fatto un ruolo sovrano. La “sovranità appartiene al popolo” prescrive l’articolo 1 della Costituzione. L’articolo 11 della Costituzione oltre a escludere “l’uso della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” afferma che l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”. Ma fin dal 1949 con l’adesione alla NATO e successivamente con gli accordi, in parte addirittura segreti, con USA e Israele la sovranità del popolo sancita dalla Costituzione è stata gravemente lesa. E’ uno dei tanto valori e diritti sanciti dalla Costituzione che la Repubblica Pontificia ha calpestato senza alcun riguardo. Al punto che chi oggi onestamente e con conoscenza delle cose propone la “difesa della Costituzione” deve proporsi di eliminarne le violazioni e di attuare le sue prescrizioni rimaste lettera morta (e ovviamente anzitutto deve indicare – è un indice indispensabile che i suoi propositi non sono solo chiacchiere per carpire voti e fiducia – le cause e i responsabili delle violazioni e della non attuazione, chi e perché era interessato a violare e non attuare, perché non si tratta di cose successe per distrazione o cadute dal cielo: sono la conseguenza di precisi e potenti interessi che quindi deve indicare come intende neutralizzare).
Ma sono solo le catene dell’UE che violano la sovranità nazionale? In realtà l’imposizione alla massa della popolazione di sacrifici e di rinunce crescenti ai diritti e alle conquiste di civiltà e benessere è un fatto che riguarda tutti i paesi, anche quelli che non appartengono all’UE: gli USA, gli altri paesi imperialisti e i paesi oppressi. La comunità internazionale ha già messo in opera e sta mettendo in opera altre limitazioni di ogni genere alla sovranità delle masse popolari dei singoli paesi: con istituzioni di vecchia data come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e altre e con istituzioni in gestazione tra cui, per quanto ci riguarda direttamente, il Trattato Transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP secondo la sigla dell’espressione inglese in uso: Transatlantic Trade and Investments Partnership- vedasi a questo proposito Resistenza n. 2/2014). Secondo il Trattato in via di definizione, i diritti dei capitalisti passano davanti alle leggi di ogni Stato: ogni volta che un capitalista reputa che una nuova legge o regolamento introdotto in un paese interferisca con i suoi affari e diminuisca i profitti che si riprometteva di ottenere, può chiedere allo Stato di pagargli la perdita e in caso di controversia decidono giurie nominate da istituzioni e organismi internazionali composti da uomini della finanza, da banchieri e da industriali. Le relazioni internazionali sono sempre meno regolate da accordi tra Stati e sempre più dettate invece dagli interessi dei grandi monopoli, delle banche e delle istituzioni finanziarie. Quindi effettivamente è universalmente calpestata la sovranità nazionale. Ma la sovranità nazionale del popolo italiano non è calpestata dallo “straniero”. E’ calpestata dai grandi capitalisti italiani e stranieri che operano a livello internazionale. Per quanto ci riguarda sono i vertici della Repubblica Pontificia che hanno consegnato la sovranità nazionale esercitata dallo Stato ai grandi capitalisti italiani e stranieri, e i grandi capitalisti italiani ottengono in cambio mano libera non solo in Italia, contro le masse popolari italiane, ma anche in altri paesi. Alle sovranità nazionali e agli accordi o sopraffazioni tra gli Stati è subentrata la dominazione dei grandi capitalisti (quelli finanziari anzitutto) su tutto il mondo diventato un terreno aperto alle loro scorrerie e consacrato ai loro affari, tutelati dalla NATO e da altri organismi militari mondiali dominati dal complesso militare-finanziario che di fatto governa gli USA fin dalla fine della Seconda guerra mondiale (come denunciò chiaramente perfino il presidente USA Eisenhower nel 1961 alla fine del suo mandato).
Altrettanto evidente è che la crisi in cui siamo immersi ogni giorno di più non riguarda solo i paesi dell’euro. Riguarda anche paesi che usano una propria moneta: l’Inghilterra, gli USA, il Giappone, tutti i paesi imperialisti e tutti i paesi oppressi dall’imperialismo, tutti i paesi verso cui scappano gli emigranti e tutti i paesi da cui vengono. Certamente con una grande diversità di andamenti e di forme. Nel corso della crisi il Prodotto Interno Lordo (PIL) di alcuni paesi aumenta e quello di altri si riduce. Aumenti e riduzioni viaggiano a ritmi diversi da paese a paese: lo sviluppo diseguale è nella natura del capitalismo. E all’interno di ogni paese alcuni pochi individui diventano ricchi come mai lo erano stati prima e la massa della popolazione perde diritti e potere d’acquisto. Universali sono l’inquinamento, la devastazione del territorio, lo sconvolgimento delle condizioni ambientali, il degrado intellettuale e morale, la precarietà, l’insicurezza, la criminalità, la corruzione, la corsa al riarmo, l’aumento dei teatri di guerra, l’aumento dei contrasti internazionali e in ogni paese.
Considerare ognuno la propria situazione ma anche quello che lo circonda, quello che è oggi ma anche quello che era ieri, i legami che ci sono tra le persone, i legami che ci sono tra paesi, i legami tra il passato e il presente, chiedersi il perché delle cose è il modo di vedere riassunto nell’espressione “avere una visione dialettica del mondo”: considerare la trasformazione più o meno veloce ma incessante di ogni cosa, i legami tra le cose, i modi precisi in cui la trasformazione di ognuna è concatenata con la trasformazione delle altre. La concezione comunista del mondo è la visione dialettica più radicale, ampia e articolata. Con essa riusciamo a dare alle domande che ci siamo fin qui posti delle risposte chiare confermate dai fatti e dall’esperienza e a trovare la linea di condotta da seguire per prendere in mano la situazione, per cambiare il corso delle cose e dare ad esso un indirizzo corrispondente al meglio delle conoscenze e dei sentimenti a cui gli uomini sono giunti.
Chi vuole cambiare il corso delle cose nel nostro paese non deve principalmente affrontare il compito di liberare l’Italia dal dominio di Stati stranieri (in primo luogo USA e Israele) e di alcuni organismi internazionali (come l’UE, la NATO, il FMI e altri), ma anzitutto deve affrontare il compito di liberare l’Italia dal dominio dei caporioni della finanza, dei banchieri e dei grandi capitalisti dell’industria e del commercio, dalla Corte Pontificia e dai grandi capi della criminalità organizzata, cioè sinteticamente dai vertici della Repubblica Pontificia che hanno ceduto la sovranità nazionale per partecipare essi stessi ai privilegi, alle rendite e ai profitti della dominazione della comunità internazionale sul mondo. E’ un’impresa che le masse popolari organizzate e solo le masse popolari organizzate possono compiere. La costituzione del Governo di Blocco Popolare sarà l’avvio dell’impresa che non solo restituirà la sovranità nazionale alle masse popolari italiane, ma aprirà la strada anche alle masse popolari degli altri paesi e quindi creerà il contesto internazionale di cui le masse popolari italiane hanno bisogno sia per resistere alle aggressioni e al boicottaggio della comunità internazionale sia per portare a compimento l’impresa di farla finita con la crisi generale del capitalismo.
Ma, obietteranno i nostri lettori, le masse popolari oggi non sono né organizzate né intenzionate a costituire un loro governo d’emergenza e a farlo ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia: il vostro disegno è campato in aria, poggia solo sulla vostra volontà, è un vostro sogno. E’ sostanzialmente vero che le masse popolari oggi non sono organizzate, che l’organizzazione delle masse popolari è una condizione da costruire. Ma oggi neanche per l’uscita dall’euro, per la rottura della gabbia dell’UE, ecc. esistono già le condizioni: sono da costruire. Con la differenza che la costituzione del Governo di Blocco Popolare è un progetto non solo necessario ma realistico, mentre l’uscita dall’euro, la rottura della gabbia dell’UE, perfino i loro fautori, quando entrano nei dettagli e illustrano la proposta, vi dicono che non bastano a cambiare il corso delle cose*.
*A riprova di questo, rimandiamo i nostri lettori allo scritto di Domenico Moro (dell’Associazione Marx XXI) Perché e come l’euro va eliminato (reperibile sul sito www.resistenze.org). Il prof. Domenico Moro è stato il primo relatore del Convegno “Rompere la gabbia dell’Unione Europea” tenuto a Roma il 22 marzo per iniziativa di Noi Saremo Tutto: il suo articolo è meno ermetico, contorto e vago di quanto lo siano abitualmente gli scritti degli esponenti della sinistra borghese e vale la pena leggerlo.
L’uscita concordata dall’euro o anche dall’UE restando nell’ambito della comunità internazionale, ammesso che si trovi un governo dei vertici della Repubblica Pontificia disposto a farsene protagonista, un governo come quello cui allude ogni tanto Berlusconi e strizza l’occhio perfino Renzi, comporterebbe oneri e obblighi tali da asservire ancora più il nostro paese all’imperialismo USA e sionista e da legarlo ancora più direttamente alle manovre che portano il mondo verso una nuova guerra imperialista.
La sovversione del sistema dell’euro e dell’UE, ma anche della comunità internazionale degli imperialisti europei, americani e sionisti è quello che la costituzione del Governo di Blocco Popolare comporterà come effetto della sua esistenza e dell’attuazione del suo programma riassunto nelle sei misure generali. Questo è un programma realista. Difficile ma del tutto possibile.