SOLIDARIETÀ AI PRECARI BROS ED AGLI ATTIVISTI COLPITI DALLA REPRESSIONE!

Il P.CARC Sezione Napoli Centro sostiene senza se e senza ma gli attivisti sociali ed i precari Bros colpiti da provvedimenti cautelari, rei di lottare per il lavoro, di organizzarsi per farlo, di contestare le misure repressive con le quali Regione Campania e Governo nazionale affrontano le questioni sociali come diritto al lavoro ed alla casa!

Partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro l’incolumità pubblica, l’ordine pubblico e la pubblica amministrazione”. Questo il capo d’imputazione con il quale il GIP di Napoli, su richiesta della Procura della Repubblica, ha fatto spiccare mandati di arresto per una diecina di disoccupati del movimento dei Precari Bros, in uno con la disposizione d’obbligo di non allontanarsi dal Comune di dimora abituale per altri 25. Altri compagni e compagne, poi, verranno interessati da procedimenti separati per concorso. Questi provvedimenti cautelari, scattati all’alba del 13 febbraio scorso in contemporanea con altri notificati a Roma nei confronti di attivisti sociali del movimento per la casa, insieme con le 87 denunce piovute addosso agli LSU in agitazione nelle scuole, dimostrano, una volta di più, la linea di condotta di governi e procure, istituzioni locali e nazionali: gestire i movimenti e le reti sociali di resistenza alla crisi come mere questioni di ordine pubblico, quando non proprio come “delinquenza comune”.

Nel frattempo, licenziamenti di massa come nel caso della Dema, fabbrica dell’indotto Alenia a Somma Vesuviana, la cassintegrazione forzata, come nel caso delle aziende partecipate Astir e Arpac multiservizi, esuberi definiti a tavolino come nei Consorzi di Bacino e, ancora, la chiusura coatta di stabilimenti produttivi, come nel caso dell’Essentra di Salerno, i suicidi indotti, come quello del compagno dello Slai Cobas di Pomigliano d’Arco, dimostrano un quadro in drammatico peggioramento. I nostri territori, il Paese tutto, si avvita in una spirale di impoverimento sociale e disoccupazione crescente, con buona pace dei sensazionalismi ad orologeria con i quali i media ufficiali annunciano, di tanto in tanto, una ripresa economica invece impossibile in quest’ordine sociale.

I vertici della Repubblica Pontificia e i governi loro comitati d’affari, violando sin’anche le loro stesse leggi ed agendo, così, in spregio a quella democrazia formale cui pure fanno appello, non conoscono mediazione sociale di sorta. Mediazione, del resto impossibile, stante la crisi in atto. Inutile e fuorviante, dunque, continuare a rivendicare alcunché a questi governi. Inutile chiedere loro riconoscimento di lavoro, reddito o diritti che, nella crisi generale del capitalismo, non potranno convenire. Così come, d’altro canto, inutile e, alla lunga, sfiancante e improduttivo è la lotta schiacciata nella sola dimensione di vertenza, senza soluzione di continuità, senza prospettiva politica.

I governi che si stanno succedendo alla guida del Paese, infatti, per gli interessi che rappresentano, per la loro stessa natura classista, non possono offrire risposta alcuna alle rivendicazioni sociali che, in misura crescente, montano dappertutto. Galera e manganello e, più in generale, la torsione autoritaria dello Stato da la cifra con la quale la classe dominante trincera “l’ordine pubblico”, l’ordine costituito. Quell’ordine che costringe, oggi, milioni di uomini e donne a dare battaglia per la difesa di condizioni di vita sempre più precarie e intollerabili. Quell’ordine fondato sullo sfruttamento ed il ricatto sociale. Quell’ordine che criminalizza i movimenti di lotta e tenta di reprimere, forzatamente, il dissenso sociale che esso stesso genera.

Se ordine e repressione sono, dunque, le linee di condotta, nonché l’indice di una classe dominante in crisi di consenso e governabilità, organizzare la mobilitazione rivoluzionaria su obiettivi concreti ed immediatamente praticabili, esprimere senza indugio solidarietà con chi viene colpito dalla repressione al di la di ogni legalitarismo sterile e impotente, coordinare le vertenze di lotta per il lavoro con quelle per la difesa dei diritti sociali come la casa, la sanità pubblica, i trasporti è la via irrinunciabile per la costruzione di un’alternativa di governo non più rinviabile, un governo di emergenza popolare quale soluzione politica unica in grado di porre un argine al disastro sociale di questa fase storica.

Contro i tentativi dei vertici della Repubblica Pontificia di soffocare il coordinamento delle Organizzazioni Operaie (OO) e Organizzazioni Popolari (OP), contro i tentativi di reprimerle e criminalizzarle, contro i tentativi di disinnescare in origine la possibilità stessa a ché le OO e le OP si organizzino per esprimere un loro forma di unità sociale che tagli la strada alla deriva reazionaria ed inverta la tendenza regressiva ingenerata dalla crisi del capitalismo occorre che i movimenti di lotta si organizzino e si coordinino. Occorre che i lavoratori si colleghino ai disoccupati ed ai precari, nonché agli studenti, agli universitari e giovani esponenti del vasto circuito del precariato sociale. Occorre che i lavoratori autorganizzino lavoro e produzione, presidino le aziende in crisi, occupino quelle chiuse per riattarle autonomamente, coordinandosi con disoccupati, precari e studenti a ché, insieme, procedano con azioni di lotta comune maggiormente organizzate e di prospettiva (dai picchetti delle fabbriche in agitazione agli scioperi al contrario seguiti da spese popolari in grandi supermercati per prendersi il corrispettivo della giornata lavorativa, dall’occupazione di immobili in disuso del Comune, della Provincia, della Regione e della Chiesa all’autorecupero in funzione sociale o abitativa di quegli spazi). Occorre, cioè, che dalla resistenza sociale diffusa, ma, oggi, ancora frammentaria, spontanea, scomposta e scollegata si passi al contrattacco organizzato. Dalla difesa all’offensiva, dunque.

Occorre, nell’immediato, che già a partire dalla nostra città si lanci un Comitato di Salvezza cittadina a ché le Istituzioni costituite siano “inchiodate” alle loro responsabilit,e piegate laddove sorde alle esigenze sociali espresse dalle masse popolari, soppiantate se ostili. Siano, cioè, trasformate in istituzioni d’emergenza popolare.

Organizzazioni della sinistra sindacale e di base, movimenti di lotta per il lavoro, coordinamenti e movimenti sociali, associazioni di immigrati, associazioni di piccoli commercianti, collettivi studenteschi e universitari, comitati civici e di scopo, ma anche esponenti istituzionali sinceramente democratici, intellettuali non organici alla cultura dominante, pezzi della cosiddetta società civile organizzata, coordinandosi tra loro in maniera conforme agli interessi generali della collettività, hanno la possibilità e le competenze, operative, tecniche e scientifiche per imporre misure concrete per fronteggiare e risolvere questioni sociali oggi più urgenti che mai, qual è la questione, centrale, della creazione di nuovi posti di lavoro, lavoro utile a dignitoso per tutti. Non è vero, del resto, che non c’è lavoro per tutti, anzi, per rimettere in piedi la nostra città e l’intero Paese c’è bisogno del lavoro di tutti!

Più in generale e in una sola espressione, posta l’ingovernabilità dall’alto dei conflitti interni alla stessa classe dominante, le contraddizioni tra poteri inter-istituzionali dello Stato, la crisi irreversibile di governabilità “democratica” dei governi che si stanno succedendo, in questa fase, nel Paese occorre diffondere ingovernabilità dal basso, diserzione sociale organizzata, effrazione della disciplina sociale imposta, al fine di porre le condizioni di possibilità di una nuova governabilità alternativa: quella delle masse popolari organizzate.

In un Paese come il nostro, dunque, dove il diritto costituzionale ad associarsi liberamente viene oggi tradotto in “associazione a delinquere”; quello di contrattare collettivamente viene incredibilmente criminalizzato in “azione delittuosa finalizzata all’estorsione” di contratto o condizioni migliorative; quello alla casa viene negato nel primato, vigente, della proprietà privata o pubblica laddove appannaggio dei privati speculatori, le OO e OP hanno la possibilità, nonché la necessità di coordinarsi, lanciando una piattaforma comune come vero e proprio programma di alternativa di governo, costituendo e costituendosi, esse stesse, in governo, autonomo, dei territori e del Paese intero. Questa è la soluzione, politica, alla quale bisogna puntare! Questa la base del nuovo potere!

Del resto, questo anche il processo pratico per rompere la gabbia asfittica dell’autorità costituita e dell’azione repressiva che esercita sui movimenti sociali organizzati, sbarrare il passo alla flessione reazionaria che i vertici della Repubblica Pontificia e le sue istituzioni cercano di imporre al Paese tramite un susseguirsi governi golpisti, antipopolari ed antidemocratici e sviluppare, in maniera positiva e non meramente testimoniale o all’occorrenza, solidarietà proletaria per quei compagni sotto procedura o colpiti da provvedimenti giudiziari.

La lotta non si arresta. La lotta continua, perché la Rivoluzione si costruisce.

Solidarietà con i Precari Bros e gli attivisti colpiti dalla repressione!

Ad ogni adulto un lavoro utile e dignitoso!

Costituiamo subito Comitati di Salvezza cittadina!

Costruiamo il Governo di Blocco Popolare per avanzare verso il socialismo!

 

Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza – per il Comunismo (P.CARC)

Sezione “Gennaro Capuozzo” Napoli Centro

Via Battistello Caracciolo, 15 – 80100 Napoli – Tel. 3478561486

e-mail: [email protected] – sito: www.carc.it – fb: Carc Napoli Centro

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