Elezioni regionali ai tempi della Terza guerra mondiale

Sull’esito delle elezioni in Liguria, Emilia Romagna e Umbria

Il Pd festeggia per la “vittoria” in Emilia Romagna e in Umbria esattamente come, appena tre settimane fa, festeggiavano Fdi, Fi e Lega per la “vittoria” in Liguria.
Il teatrino della politica borghese è un mondo parallelo, alimentato in modo artificioso dalla propaganda di regime, dove a cantare vittoria sono quelli che hanno perso meno degli altri.
Il dato politico delle elezioni regionali in Liguria, Emilia Romagna e Umbria non riguarda principalmente “chi ha vinto e chi ha perso”, ma il fatto che a votare non c’è andato quasi nessuno. A ogni tornata elettorale l’astensione cresce e i partiti delle Larghe Intese perdono consenso (è una delle forme di distacco di ampi settori delle masse popolari dal sistema di potere della borghesia, dai suoi partiti e apparati), ma per la classe dominante l’astensionismo non è un problema. E in effetti, del tutto inefficace come forma di protesta, l’astensionismo che dilaga fra le larghe masse popolari premia i comitati d’affari e i sistemi di potere locali dei due poli delle Larghe Intese.
La sintesi è che il sistema politico delle Larghe Intese ha perso ogni legittimità (i governi locali sono espressione di una minoranza della minoranza degli elettori che vanno a votare), ma i partiti delle Larghe Intese continuano come se niente fosse.


Regionali 2024Europee 2024Politiche 2022
Emilia R. Fdi + Lega + Fi518.000806.000885.000
Liguria Fdi + Lega + Fi178.000275.000292.000
Umbria Fdi + Lega + Fi118.000188.000198.000




Emilia R Pd + Avs721.000 (+M5s 774.011)
859.000748.000
Liguria Pd + Avs195.000 (+M5s 220.000)212.000
198.000
Umbria Pd + Avs111.000 (+ M5s e Prc 133.783)
126.000
106.000

Al netto delle pantomime giornalistiche e televisive (il teatrino della politica borghese), in questa fase il governo Meloni è il maggior beneficiario di questo andazzo:

– presentato come il risultato della volontà popolare espressa con le elezioni politiche del 2022, in verità il principale partito della coalizione, Fdi, ha raccolto solo poco più del 13% dei consensi fra gli aventi diritto al voto. È stato votato da un’esigua minoranza!

– il pur risicato consenso di cui godeva in virtù della (finta) opposizione al governo Draghi è andato scemando per la crescente sottomissione alla Ue, alla Nato e ai sionisti, per gli attacchi ai diritti e a quello che rimane dello stato sociale a favore delle armi all’Ucraina e a Israele, del sistema finanziario internazionale e delle grandi speculazioni;

– cresce la mobilitazione dei lavoratori e delle masse popolari e soltanto la collaborazione e la finta opposizione del polo Pd delle Larghe Intese e dei vertici dei sindacati confederali impediscono che il governo Meloni sia cacciato a furor di popolo.

Se vogliamo analizzare i risultati delle elezioni regionali in Liguria, Emilia Romagna e Umbria in modo coerente con le esigenze della lotta di classe, non dobbiamo limitarci a collegare i dati dell’astensione con “i grandi numeri” dei parti delle Larghe Intese, bisogna collegare i dati dell’astensione con i piccoli numeri delle liste anti Larghe Intese. Per due motivi legati fra loro:

– solo se le liste anti Larghe Intese riescono a raccogliere il consenso e la fiducia di coloro che hanno deciso di astenersi, la partecipazione alle elezioni borghesi può avere un risvolto positivo e utile ai fini della lotta di classe;

– solo affrontando e superando i limiti delle liste, dei partiti e dei movimenti che oggettivamente appartengono al fronte anti Larghe Intese è possibile sfruttare le debolezze del nemico e valorizzare gli appigli che la crisi politica offre.

Ci concentriamo su questi temi, dunque.

In tutte e tre le regioni, pur con le rispettive differenze, le liste anti Larghe Intese hanno pagato cara la frammentazione.
In Liguria erano presenti almeno tre liste anti Larghe Intese che si sono poste in reciproca concorrenza, in Emilia Romagna due, in Umbria altrettanto.
A oltre due anni di distanza dalle elezioni politiche in cui proprio lo spirito di concorrenza fra le liste anti Larghe Intese (l’elettoralismo) ha regalato la vittoria a Fdi, ancora si presenta la necessità di andare a fondo con il bilancio dell’esperienza e di mettere a frutto gli insegnamenti che ne emergono.

In primo luogo, dare sul piano elettorale una dimensione unitaria a TUTTO quello che si oppone alle Larghe Intese. È una prima condizione per essere credibili agli occhi delle larghe masse che scelgono di astenersi e NON si affidano ai cartelli elettorali a cui la sinistra borghese ha abituato nel corso dei decenni.

In secondo luogo, promuovere “programmi radicali”, cioè programmi che mettono in fila chiaramente le misure necessarie per fare fronte al degrado materiale e morale in cui versano le città e il paese.

In terzo luogo, combinare ai programmi radicali le iniziative radicali, cioè iniziative che rompono la melassa della campagna elettorale, che escono dagli schemi, che pongono con forza gli interessi delle masse popolari, approfittando della particolare esposizione che la campagna elettorale offre; promuovere l’irruzione dei lavoratori organizzati e dei comitati popolari contro lo smantellamento dell’apparato produttivo, contro il coinvolgimento nella guerra in Ucraina e nel genocidio in corso in Palestina a opera dei sionisti, in sostegno alla resistenza palestinese, contro l’azione dei sionisti in Italia, contro l’economia di guerra, contro la devastazione ambientale e la crisi climatica, contro la devastazione dei territori, contro le misure repressive del governo e dei suoi apparati polizieschi… insomma, non c’era che da scegliere almeno un campo, fra i tanti disponibili, da cui sviluppare l’irruzione…

In quarto luogo, raccogliere la fiducia dei potenziali astenuti significa porre le basi per continuare la mobilitazione (unitaria!) dopo la campagna elettorale e dopo le elezioni.
Su questo ultimo punto è presto per dire come si evolveranno le cose, anche se l’esperienza passata ha fatto più volte emergere il limite per cui finita la campagna elettorale finisce anche il grosso della mobilitazione.
Per quanto riguarda gli altri tre punti, invece, è possibile – e utile – analizzare come si sono mosse le liste anti Larghe Intese che pure erano presenti in Liguria, in Emilia Romagna e in Umbria (con la particolarità che in Umbria il Prc era parte del “campo largo” con Pd, M5s, Avs, ecc.).

Sul piano della lotta alla frammentazione, i risultati sono stati scarsi. Sarebbe fuorviante affrontare l’argomento dopo le elezioni facendo una somma dei risultati ottenuti delle varie liste anti Larghe Intese che si sono presentate in reciproca alternativa e in concorrenza; il discorso politico attiene al fatto che il processo unitario, la lotta per l’unità, alimenta entusiasmo, fiducia, fa emergere forze e crea sommovimento laddove altrimenti regnano settarismo, disillusione e sfiducia. La lotta per l’unità serve ed è utile se alimenta e rafforza la lotta di classe, la lotta per l’organizzazione e la mobilitazione delle masse popolari a farla finita con il sistema capitalista e a prendere in mano il governo del paese. L’unità al ribasso non è sufficiente a creare sommovimenti degni di nota, anzi.
La lista unitaria della sinistra (Pap, Prc e Pci presentata in Liguria e in Emilia Romagna, che in Umbria era composta da Pap, Pci e Futura umanità) – che è quella più rappresentativa del campo anti Larghe Intese – non è riuscita a raccogliere la fiducia degli astenuti “antisistema” e neppure degli astenuti “identitari”, anzi ha perso voti, “subendo” anch’essa l’astensionismo.


Regionali 2024 affluenza 52,30%Europee 2024 affluenza60,8%Politiche 2022 affluenza 68,8%
Liguria Pap + Prc + Pci5.000 (0,9%)
/12.800 (1,7%) Unione popolare
Emilia R. Pap + Prc + Pci27.300 (1,8%)
/32.300 (1,4%) con Unione Popolare
Umbria Pap1.500(0,4%) con Pci e Futura umanità/5.400 (1,2%) Unione Popolare

Lungi dall’essere SOLO un problema dei compagni e delle compagne di queste liste, il fenomeno deve spingere a riflettere tutti coloro che sono attivi nella mobilitazione contro il governo Meloni e contro il sistema politico delle Larghe Intese: quanto sono state usate le elezioni per fare irruzione e mettere a soqquadro il teatrino della politica borghese? Quanto, invece, sono state subite confidando o sperando di conquistare “un eletto che porti la voce delle masse popolare nel consiglio”? Quanto è stata concepita la campagna elettorale come strumento di organizzazione delle masse popolari e quanto, invece, come “occasione per farsi conoscere”?
La questione principale, in definitiva, è che nessuna lista anti Larghe Intese ha condotto una campagna con programmi radicali e soprattutto azioni radicali.

L’abbiamo detto per le elezioni politiche del 2022 e lo ripetiamo oggi, alla luce dell’esito delle elezioni regionali: solo l’irruzione nella campagna elettorale basata sulla combinazione di programmi radicali e azioni radicali può creare quel sommovimento che permette di attivare e “conquistare” quegli elementi delle masse popolari che si astengono per sfiducia, protesta e probabilmente anche rassegnazione.
La tara dell’elettoralismo continua ad annebbiare la capacità di analisi e l’aderenza alla realtà degli esponenti delle forze comuniste e antimperialiste. Ma soprattutto fa emergere ancora una volta le responsabilità dei capi politici e dei dirigenti di aver sprecato l’occasione di costruire un fronte unitario per usare le elezioni per alimentare e rafforzare la lotta per cacciare il governo Meloni e contro il sistema di potere delle Larghe Intese a livello locale.
Questo è un il dato politico su cui riflettere (e far riflettere), su cui poggiare il bilancio della campagna elettorale e dell’esito delle elezioni. Da questo i militanti, gli attivisti e i sostenitori dei partiti e degli organismi anti Larghe Intese devono partire per pretendere dai gruppi dirigenti tre passi: bilancio, autocritica e rettifica della condotta.
Si tratta di cambiare il modo di concepire e usare le tornate elettorali in modo coerente con le esigenze della lotta di classe ai tempi della terza guerra mondiale.

Nel 2025 si svolgeranno importanti elezioni regionali: CampaniaVenetoToscanaPugliaMarche e Valle d’Aosta. È necessario fare tesoro delle esperienze fallimentari degli ultimi anni per impostare fino da ora un lavoro diverso e superiore in modo da usare le elezioni borghesi ai fini della lotta per cacciare il governo Meloni e sostituirlo con un governo di emergenza popolare.
Alcuni dei nodi politici da affrontare sono già evidenti ed è utile iniziare ad affrontarli, in primo luogo la lotta contro il settarismo e lo spirito di concorrenza in qualunque forma e in qualunque ambito si manifestino. Ad esempio

– è necessario moltiplicare gli sforzi per contrastare tutte le iniziative e le manovre per mettere in contrapposizione lo sciopero generale del 29 novembre e quello del 13 dicembre. Bisogna bloccare il paese il 29 novembre, con uno sciopero generale che mobiliti TUTTI i lavoratori e le lavoratrici indipendentemente dal sindacato di appartenenza o che siano iscritti o meno al sindacato. Chi boicotta lo sciopero del 29 novembre ha ben poco da presentarsi come “combattivo” o “alternativo” se mina l’unità dei lavoratori!

– Bisogna moltiplicare gli sforzi per contrastare tutte le manovre di chi cerca di spaccare il movimento di solidarietà con il popolo palestinese fra buoni e cattivi e fare in modo che il 30 novembre si svolga una mobilitazione unitaria. Chi alimenta fratture e contrapposizioni nel movimento di solidarietà al popolo palestinese ha ben poco da presentarsi come “alternativa” se mina l’unità per beghe da cortile o per spirito di concorrenza.

– Bisogna moltiplicare gli sforzi per rafforzare e costruire il movimento di lotta contro il DdL1660 che attacca le libertà di organizzazione e di lotta di lavoratori, giovani e masse popolari, conquistate con la Resistenza e sancite anche dalla Costituzione antifascista del 1948!

***

I partiti delle Larghe Intese governano anche se non hanno più alcuna legittimità a farlo.

Che sia per via elettorale o che sia per via delle mobilitazioni di piazza (è realistico pensare che sarà per una combinazione delle due cose) i partiti anti Larghe Intese, le organizzazioni politiche e sindacali e i movimenti hanno il compito di trovare la strada di imporre un governo che introduce le misure necessarie per fare fronte agli effetti della crisi in modo coerente con gli interessi delle masse popolari.

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