Strage sul lavoro. Presentazione delle interviste a due madri in lotta per avere giustizia
Mattia Battistetti è stato ucciso nel 2021, a ventitré anni, nel cantiere in cui lavorava, a Montebelluna, in provincia di Treviso. Un carico di quindici tonnellate si è staccato da una gru e lo ha travolto. Sarebbe bastato sostituire un fermo, un pezzo di ferro logoro del valore di pochi centesimi, per risparmiargli la vita.
Mirko Serpelloni è stato ucciso nel 2023, a ventisette anni. È volato dal tetto di un capannone a Manerbio, in provincia di Brescia. Era un apprendista e non avrebbe dovuto neppure essere lì sopra. È deceduto dopo giorni di agonia.
Sono solo due delle migliaia di ammazzati sul posto di lavoro, vittime del calcolo cinico di chi antepone il profitto alla vita dei lavoratori.
Perché parliamo proprio di questi due giovani operai? È difficile per chi resta reagire alla morte del proprio caro, a maggior ragione quando si tratta di un figlio. Le madri di questi due operai sono accomunate dal fatto che hanno trovato la forza e la determinazione di reagire. Non è facile e non sempre avviene. Monica, la mamma di Mattia, e Maruska, la mamma di Mirko, stanno reagendo e hanno trovato nel collettivo la spinta per ingaggiare la battaglia per ottenere giustizia.
Questo le accomuna e questa è la particolarità delle loro storie, che fino a poco tempo fa viaggiavano in parallelo, senza che una sapesse dell’altra. In entrambi i casi, Monica e Maruska non hanno accettato di farsi da parte, di chiudersi nel loro dolore, ma hanno deciso di essere presenti ai processi e di farlo coinvolgendo altre persone, di organizzare presidi fuori dai tribunali durante le udienze, di partecipare a iniziative pubbliche, di mobilitarsi in prima persona nella ricerca della verità. Venuti a conoscenza delle loro vicende, abbiamo deciso di intervistarle. Nel caso di Mattia, oltre a sua madre, abbiamo intervistato anche Gabriele Zanella, membro dell’associazione “In memoria di Mattia Battistetti”.
Come leggerete nelle interviste, la loro lotta non si limita al caso specifico, al loro desiderio di giustizia. Entrambe hanno preso coscienza di quanto sia diffuso il problema degli omicidi sul lavoro, causati dalla sete di profitto, ed esplicitamente affermano che la loro è una lotta per tutti.
Ogni processo, ogni iniziativa, è occasione per ribadire che è ora di farla finita con queste morti evitabili. Lo dicono ai padroni, mettendo sotto accusa la loro avidità. Lo dicono ai governi, che dovrebbero mettere fra le loro priorità la soluzione di questo problema. Ma, soprattutto, lo dicono ai lavoratori, perché aprano gli occhi sulla loro situazione e si organizzino per tutelarsi e non accettare di essere vite a perdere.
Le due interviste sono state raccolte in momenti diversi, ma sono state anche l’occasione che le ha messe in relazione.
Pur nel loro tragico legame, l’importanza, il lato positivo di queste storie sta nell’organizzazione che hanno saputo creare, nei legami che hanno saldato, nella forza che esprimono, nell’esempio che danno.
Per motivi di spazio non è stato possibile pubblicarle entrambe e la Redazione ha deciso che non fosse il caso di pubblicare solo alcuni stralci di una e dell’altra. Pubblichiamo questa breve presentazione per segnalarne la presenza sul sito www.carc.it, accompagnata dall’invito a leggerle entrambe on line, a diffonderle, a farle conoscere.