Il centenario della fondazione dell’Internazionale comunista e del Biennio rosso

La Commissione Gramsci del Partito dei CARC ogni mese va alla ricerca di un avvenimento importante che avvenne in quel mese, una cosa che Gramsci fece o scrisse o un evento che nella sua vita ebbe effetto significativo. Nel mese di luglio del 1920 a Mosca ci fu il II Congresso dell’Internazionale comunista. Gramsci invia al Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista un rapporto su Il movimento torinese dei consigli di fabbrica, che sarà pubblicato nell’edizione russa, tedesca e francese dell’Internazionale comunista”. Inoltra la sua mozione Per un rinnovamento del Partito socialista e Lenin la dichiara “pienamente rispondente ai principi della III Internazionale”, nonostante il dissenso della delegazione italiana del Partito socialista italiano.

Il II Congresso è quello che fissa ventuno condizioni[1]a tutti i partiti che vogliono fare parte dell’Internazionale comunista. Sono ispirate in gran parte da Lenin e vengono adottate il 7 agosto 1920. Gramsci ricorda il Congresso e l’approvazione delle ventuno condizioni (e dello Statuto) come il momento in cui si è verificata la formazione ideologica e organica dell’Internazionale comunista, in un articolo dell’Ordine nuovo del 15 marzo 1924, intitolato Contro il pessimismo.[2]Critica, in questo articolo la “oscura e grave nuvolaglia di pessimismo” che si è estesa anche nel Partito comunista, un pericolo grave “per le sue conseguenze di passività politica, di torpore intellettuale, di scetticismo verso l’avvenire”. In questo articolo ricorda ciò che di positivo è successo dal momento della fondazione del Partito, nel gennaio del 1921, al momento in cui scrive (ne 1924) ma aggiunge che ciò è accaduto per merito dell’Internazionale, non del partito italiano le cui energie, dice, furono tutte rivolte a garantirsi la sopravvivenza contro l’attacco dei fascisti. Scrive: “L’azione dell’Internazionale fu, per qualche tempo, la sola che abbia permesso al nostro partito di avere un contatto efficace con le larghe masse, che abbia conservato un fermento di discussione e un principio di movimento in strati cospicui della classe operaia”.[3]Invece, scrive riferendosi al partito italiano, “[noi] non avevamo saputo tradurre in linguaggio comprensibile a ogni operaio e contadino italiano il significato degli avvenimenti italiani degli anni 1919-20,[4]  (…) [né] continuare la nostra specifica missione che era quella di conquistare la maggioranza del popolo italiano.”[5]

La carovana del (nuovo)Pci e il Partito dei CARC che ne è componente oggi celebra il centenario della fondazione dell’Internazionale comunista e del Biennio rosso. Il Partito dei CARC lo fa con una campagna che copre tutto il prossimo semestre. Proprio la settimana prossima nella Festa nazionale della Riscossa Popolare teniamo un seminario in cui ci impegniamo a spiegare “in linguaggio comprensibile” cosa il Biennio Rosso è stato. Il titolo preciso è Gramsci, il Biennio rosso e i Consigli di fabbrica. È in due sessioni. La prima è alle 10.30 di giovedì 1 agosto e la seconda alle 17 del venerdì 2 agosto. Partecipate. E’ un passo del percorso per “conquistare la maggioranza” delle masse popolari italiane. È un percorso lungo? Lungo o breve che sia, ogni percorso è fatto di passi. Inoltre, abbiamo alle spalle il percorso compiuto dalla carovana dalla sua partenza a oggi, che è di quasi quaranta anni, e il percorso del primo movimento comunista italiano e internazionale, di cui noi celebriamo i passi compiuti un secolo fa, nel 1919.

Non è soltanto la storia che abbiamo alle spalle, che è viva e forte e ci spinge avanti. E’ anche la fiducia di riuscire nell’impresa di portare al successo la costruzione della rivoluzione socialista. Oggi c’è un partito comunista che è andato oltre quella delle ventuno condizioni che ordinava a ogni partito comunista che voleva fare parte dell’Internazionale comunista di avere un apparato clandestino: il (nuovo)Pci, fondato nel 2004, è un partito integralmente clandestino, una garanzia di libertà per la classe operaia e per le masse popolari del nostro paese, un vero Stato maggiore del “grande esercito per le prossime battaglie” di cui parla Gramsci in questo suo articolo contro il pessimismo.[6]Inoltre oggi possiamo andare oltre il “pessimismo della ragione”, cosa di cui parlava Gramsci (opponendogli l’ottimismo della volontà). Noi oggi parliamo a ragione veduta di ottimismo della ragione[7]e di ottimismo della volontà. Guardando alla realtà con scienza, e cioè con la concezione comunista del mondo, il materialismo dialettico, riscontriamo che dopo la sconfitta dei governi delle Larghe Intese alle elezioni nazionali del marzo dello scorso anno e con tutto lo sconvolgimento che ne è seguito la situazione è eccellente.[8]La rinascita del movimento comunista è in corso. Chi si lascia incantare da chi propaganda atteggiamenti da eterno sconfitto o da martire metta tutto questo da parte. Chi guarda al movimento comunista con nostalgia, cominci a farsi consapevole che il percorso è ripreso, che per certi tratti decisivi il movimento comunista rinasce qui e ora, e che il suo termine è la vittoria. Pensiamo alle parole di Ernesto Che Guevara sulla lotta “fino alla vittoria, sempre” e soprattutto pensiamo alla vittoria del popolo sovietico nella battaglia di Stalingrado, che decise le sorti della Seconda Guerra Mondiale e la disfatta del nazifascismo.

[1]Vedi in https://it.wikipedia.org/wiki/Internazionale_Comunista#Le_ventuno_condizioni_di_ammissione

[2]In La costruzione del partito comunista, Einaudi, Torino, 1978, pagg. 16-20.

[3]Ivi, pag. 19.

[4]Intende gli avvenimenti del Biennio Rosso.

[5]Ivi, pag. 18.

[6]Ivi, pag. 18.

[7]Ai recapiti postali di alcune sezioni del Partito dei CARC è già arrivato il numero 62 de La Voce, la rivista del (nuovo)PCI. Prevediamo quindi una sua imminente pubblicazione nel sito del (nuovo)Pci. Citiamo l’articolo iniziale, intitolato L’ottimismo della ragione, (pagg. 2-4)e ne consigliamo la lettura.

[8]All’apparenza sembra che tutto va storto e anzi che le cose non sono mai andate così male (parecchi si sgolano ad affermarlo), ma, come ricordava Marx, spesso l’apparenza è l’opposto dell’essenza e se le due cose fossero lo stesso, non ci sarebbe bisogno di scienza. Vedi quindi in http://www.carc.it/2018/03/22/ottimismo-della-ragione-e-della-volonta/.

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